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Il Messaggio di Anna
Maria
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Una gran luce si accese sul casto viso di mia madre Anna mentre le venivano proferite dal Signore queste parole. Nacqui dunque a Nazareth, da mio padre Gioachino e da mia madre Anna, entrambi già anziani; la mia nascita avvenne alla presenza di mio padre Gioachino che trepidava per mia madre, già anziana e quindi in grado di perdere la propria creatura, ma il Signore non permise questo perché da Me doveva poi nascere il Redentore, e il Signore fece così avere a mia madre e a mio padre una dolce creatura, capace di vincere il demonio per la mia natura incorrotta e per la mia natura di donna destinata ad accogliere nel suo grembo il figlio di Dio, Gesù. Da piccola io sapevo che grandi cose Dio s'aspettava da me, per la mia nascita miracolosa e divina, ma non avrei mai immaginato di diventare un giorno la mamma di Gesù. Quando ero ragazzina stavo tanto tempo in ginocchio a pregare, e pregavo Dio che era in me, affinché tutte le anime Lo amassero sopra ogni cosa e sopra ogni loro desiderio d'amore. Il Signore mi ascoltava e mi amava come un'anima Sua prediletta e mi aggrediva col Suo amore, facendomi gioire d'amore divino e dandomi vampate d'amore che talvolta mi facevano arrossire per l'emozione. Io sentivo molto il Signore in me e sentivo molto il Suo amore verso di me, tanto da farmi ritrovare nell'estasi più dolce in cui possa trovarsi un'anima immacolata. Io ero immacolata, l'unica creatura umana immacolata, e per questo mi adescava più facilmente di qualsiasi altra anima, immersa nella preghiera a Lui, grande Dio dell'Universo e di tutte le cose visibili e invisibili che ci circondano. Ero allora una ragazza di aspetto assai delicato e gentile: non molto alta, coi capelli castani come pure gli occhi, dal viso ovale e dalle gote leggermente colorite su una carnagione bianca quasi trasparente. Ero molto timida e pia, assai dolce e servizievole, molto attaccata ai miei genitori che erano tutto per me. Li aiutavo a fare un po' di tutto: a riordinare la casa, a riassettare i cassetti, a scopare le poche stanzette che avevamo, per me e per i miei genitori. In esse tenevamo anche i letti onde poter dormire e riposarsi pure durante il giorno. Le seggiole e i sedili erano di legno bianco, perché il legno bianco era più morbido.
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